Gocce di Silenzio #17 — Lo Specchio del Sé: Riflessioni sull’autoindagine
Riconoscere la propria vera natura attraverso il silenzio, la domanda “Chi sono io?” e la contemplazione
C’è un’immagine potente che attraversa tutti gli insegnamenti di Ramana Maharshi: quella dello specchio. Come uno specchio limpido riflette tutto ciò che appare davanti a sé senza mai essere toccato, così la consapevolezza pura riflette pensieri, emozioni, sensazioni, ma resta sempre intatta, immutabile, silenziosa.
La pratica dell’autoindagine, centrata sulla domanda “Chi sono io?”, è il cammino che ci permette di riconoscere questa presenza riflessiva, di tornare alla sorgente da cui ogni esperienza emerge.
Questa goccia di silenzio è un invito a guardarsi dentro con occhi nuovi, a lasciar cadere ogni maschera e a scoprire che, al di là di ogni riflesso, c’è uno spazio di libertà e purezza che nessuna circostanza può intaccare.
Lo specchio della consapevolezza: teoria e intuizione
Ramana Maharshi insegnava che la mente, nella sua attività incessante, crea immagini, storie, identificazioni. Ma al fondo di tutto questo movimento, c’è uno spazio silenzioso che osserva senza giudicare, senza intervenire: è la consapevolezza, il Sé. Come uno specchio, essa accoglie ogni cosa, ma non trattiene nulla.
Quando iniziamo la pratica dell’autoindagine, ci troviamo spesso a inseguire pensieri o emozioni, a identificarci con il riflesso e non con lo specchio. Ramana ci invita invece a spostare l’attenzione: non chiederti solo cosa stai vivendo, ma chi è che sta vivendo, chi è che osserva. In questa semplice inversione dello sguardo, si apre uno spazio di chiarezza che dissolve la confusione.
La domanda “Chi sono io?” come strumento di riflessione
La domanda “Chi sono io?” non è un esercizio intellettuale, ma uno strumento di riflessione profonda. Ogni volta che la mente si agita, che sorgono emozioni forti, possiamo fermarci e chiederci: “A chi accade tutto questo? Chi è presente qui e ora?”
Restando con la domanda, senza cercare una risposta mentale, lasciamo che la consapevolezza si riveli da sé. È come guardare in uno specchio limpido: a un certo punto, il riflesso si dissolve e resta solo la presenza silenziosa. Questo è il cuore dell’insegnamento di Ramana: non aggiungere nulla, non togliere nulla, solo riconoscere ciò che è sempre presente.
Pratica quotidiana: specchiarsi nella presenza
Portare questa riflessione nella vita quotidiana significa imparare a specchiarsi nella presenza in ogni situazione. Ogni relazione, ogni difficoltà, ogni gioia può diventare un’occasione per chiedersi: “Sto reagendo a un riflesso o sto agendo dalla consapevolezza?”
Ramana suggeriva di coltivare questa attenzione in modo semplice e naturale, senza sforzo. Anche solo qualche minuto al giorno di silenzio, di ascolto profondo, può trasformare il modo in cui viviamo noi stessi e il mondo. La presenza diventa così uno specchio limpido che illumina ogni esperienza, senza attaccamento né avversione.
Esercizio pratico: la meditazione dello specchio d’acqua
Ecco una pratica ispirata all’immagine dello specchio d’acqua e agli insegnamenti di Ramana Maharshi:
Trova un luogo tranquillo, siediti in silenzio e chiudi gli occhi.
Immagina davanti a te uno specchio d’acqua perfettamente calmo.
Ogni pensiero, emozione o sensazione che emerge, visualizzalo come un riflesso sull’acqua.
Chiediti con gentilezza: “Chi è che osserva questi riflessi? Chi sono io, oltre ciò che appare?”
Rimani qualche minuto in questo spazio di ascolto, lasciando che i riflessi vadano e vengano senza identificarti.
Quando senti di aver concluso, ringrazia te stesso per il tempo dedicato alla vera riflessione.
Questa meditazione può essere integrata nella routine mattutina o serale, o praticata ogni volta che senti il bisogno di tornare al centro.
Conclusione: riconoscere il Sé oltre ogni riflesso
Gli insegnamenti di Ramana Maharshi ci ricordano che la libertà non si trova cambiando i riflessi, ma riconoscendo lo specchio. Ogni giorno, ogni istante, abbiamo la possibilità di tornare alla sorgente, di lasciar andare le identificazioni e di vivere dalla presenza silenziosa che è la nostra vera natura.
Non serve sforzarsi di cambiare la mente: basta riconoscere la consapevolezza che osserva tutto, senza essere mai toccata da nulla. In questo riconoscimento nasce una pace profonda, una gioia che non dipende dalle circostanze.
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